La Formaldeide rientra nelle sostanze che sono state oggetto di modifica della relativa classificazione ai sensi del Regolamento (CE) n. 1272/2008 (Regolamento CLP), che definisce i criteri di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele. La formaldeide passa da cancerogeno “sospetto” a cancerogeno “presunto o certo”.
CHE COS’È E DOVI SI TROVA
La formaldeide è un composto organico, la più semplice e la più dannosa molecola della famiglia delle aldeidi. È un gas di odore pungente e irritante commercializzato sotto forma di soluzione acquosa (al 37%) con il nome di formalina.
Il suo impiego principale è nella produzione di resine, in particolare fenoliche, melamminiche e ureiche, nel settore laminati, anche se numerosi sono i settori produttivi che possono comportare la presenza della formaldeide (per es, la produzione di oggetti in plastica).
Le principali sorgenti di formaldeide che inquinano l’aria indoor sono:
- i prodotti di emissione delle resine utilizzate per l’isolamento (cosiddette UFFI);
- i prodotti rilasciati dalle colle utilizzate nella fabbricazione dei pannelli truciolari e compensato di legno dei mobili delle nostre case, tappezzerie, moquette e dai prodotti antipiega utilizzati per tendaggi e altri tessili;
- il fumo da tabacco;
- il fumo di caminetti e stufe, se non installati correttamente;
- i fumi delle stufe a bioetanolo, oggi così di moda.
E’ un ottimo battericida ed antimuffa, un conservante alimentare (sigla E240) fino a qualche anno utilizzato anche in un famoso formaggio italiano; la formaldeide viene tutt’ora utilizzate come conservante di campioni istologici nei reparti di anatomia patologica degli ospedali.
I settori produttivi a maggior rischio possono essere:
- produzione di mobili: i pannelli utilizzati nell’industria del mobile sono una miscela di trucioli, fibre di legno e colla ed è all’interno di quest’ultima che troviamo la formaldeide; le maggiori emissioni si hanno durante le operazioni di lavorazione dei pannelli (taglio, foratura, levigatura) perché l’utensile scalda il pannello e la formaldeide presente nella colla si libera nell’ambiente e durante le operazioni di incollaggio e pressatura;
- stampaggio di resine termoplastiche: la formaldeide non è contenuta nella materia prima ma si forma durante il riscaldamento come prodotto di termolisi o di combustione;
- fonderie: durante le operazioni di formatura si aggiungono alla terrra resine sintetiche (fenoliche o fenolfuraniche) che servono ad accelerare la reazione chimica tra i componenti; gli addetti a questa mansione risultano quindi esposti a vapori di fenolo libero, formaldeide libera e alcool furfurilico dovuti sia ai prodotti della reazione chimica di reticolazione della resina sintetica, sia ai monomeri costituenti la resina stessa.
Recentemente, con la sempre maggiore diffusione di fotocopiatrici e di stampanti laser che utilizzano il “toner”, molti centri di studio internazionali hanno evidenziato che fra le sostanze emesse dal processo di stampa, vi è la presenza di formaldeide, oltre a benzene, stirene ed ossido ti titanio.
EFFETTI SULLA SALUTE
La formaldeide causa irritazione oculare, nasale e a carico della gola, starnuti, tosse, affaticamento e eritema cutaneo. La formaldeide è fortemente sospettata di essere uno degli agenti maggiormente implicati nella Sindrome dell’edificio malato (Sick Building Syndrome). Nel 2004 la formaldeide è stata indicata dallo IARC tra i composti del gruppo I (cancerogeni certi).
AMBIENTE DI LAVORO
Nel Regolamento CLP la formaldeide è classificata Carc. 1B H350: può provocare il cancro.
Dal 1 gennaio 2016 abbiamo un nuovo cancerogeno in azienda. Questo comporta la necessità:
- aggiornamento del documento di valutazione del rischio;
- aggiornamento del protocollo sanitario;
- misurazione della concentrazione di formaldeide presente;
- se necessaria l’attivazione del registro degli esposti.
LIMITI DI ESPOSIZIONE
Il limite di esposizione che protegge tutta la popolazione (donne, uomini, giovani, anziani) in modo continuativo (e non solo 8 ore al giorno e 40 ore alla settimana) fissato dall’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è di 0,1 mg/mc.
Il limite in ambiente di lavoro fissato dal Comitato Scientifico dell’Unione Europea (SCOEL) è 0,246 mg/mc. I limiti proposti proteggono sia dagli effetti irritativi sia dagli effetti cancerogeni.
Le Linee Guida del Coordinamento Tecnico Interregionale sull’applicazione del Titolo VII del Dlgs 626/1994 “Protezione da Agenti cancerogeni e mutageni” definiscono i lavoratori esposti coloro il cui valore di esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni potrebbe risultare superiore a quello della popolazione generale. Per tutti i lavoratori esposti vi è la necessità di attivare il registro degli esposti, come previsto dal Titolo IX, cap. II, D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche.
Tutti i lavoratori che operano a concentrazione inferiore al limite della popolazione (0,1 mg/mc) sono considerati non esposti.
Il datore di lavoro deve adoperarsi in continuo affinché si realizzi un continuo spostamento dei lavoratori verso livelli più bassi di esposizione, fino a raggiungere la condizione di non esposti, ovvero con un limite di esposizione inferiore a quello della popolazione generale.